Charles Ray
Charles Ray
2/10/1996 - 14/11/1996
Veduta parziale installazione Studio Guenzani, C. Ray, 1996
CHARLES RAY
“FASHIONS”
Charles Ray è nato a Chicago nel 1953. Vive e lavora a Los Angeles, dove insegna scultura alla University of California.
“Fashions” è un cortometraggio a colori, in 16 mm., senza sonoro, della durata complessiva di 12 minuti. Realizzato dall’artista quest’anno, viene proiettato per la prima volta in Europa dopo la presentazione all’Hirshorn Museum di Washington.
Le immagini del film ci mostrano una ragazza in posa secondo i canoni della statuaria classica. La figura è immobile su una base che gira lentamente su se stessa; la telecamera fissa riprende la figura nel suo movimento permettendoci una visualizzazione del corpo a 360°. Una volta compiuto un giro completo subentra un taglio di immagine e la ragazza ricompare nella posizione di partenza indossando abiti diversi.
In “Fashions” Charles Ray utilizza il mezzo filmico come strumento di elaborazione e di studio dell’opera scultorea. L’osservazione del soggetto nello spazio tridimensionale mediante la telecamera e la successiva visualizzazione delle immagini sullo schermo diventano momenti di ricerca e di sintesi delle idee, offrendo nuovi spunti di riflessione sui processi di contemplazione, idealizzazione e astrazione che preludono alla progettazione e realizzazione della scultura.
Nel corso degli ultimi quindici anni Charles Ray ha esplorato aspetti diversi della scultura contemporanea, a partire dell’arte minimal e concettuale, operando una contaminazione di procedure, stili e generi. Dopo aver approfondito nella seconda metà degli anni ’80 alcuni problemi fondamentali dell’opera sculturea, e cioé quelli di gravità, spazio e relazione fra oggetto e fruitore, l’artista è passato, con le sculture-manichino dei primi anni ’90, ad analizzare i rapporti fra l’immaginario di massa, il linguaggio dei media, e quello dell’arte, confrontandone i modelli.
Un’ambiguità di fondo contraddistingue le sculture di Charles Ray: sono sculture autosufficienti, chiaramente definite nello spazio, dalla grande perfezione formale, e ciò le rende apparentemente facili da leggere, ma ad una più attenta osservazione le stesse opere rivelano aspetti sconcertanti. Qualcosa non funziona in quelli che ci erano sembrati oggetti comuni e facilmente classificabili: un cubo nero internamente vuoto e aperto in alto è riempito di inchiostro nero in modo da sembrare un solido pieno; un cerchio disegnato su un muro è in realtà un disco che si muove ad alta velocità: i manichini di donna sono figure femminili gigantesche; il ritratto fotografico di Charles Ray è l’immagine di una scultura esattamente identica all’artista.
Sono opere ambigue, che ci pongono di fronte a modi diversi di percepire la realtà. “Il problema”, ha detto l’artista, “è che abbiamo perso ogni rapporto con il mondo, siamo ridotti ad essere osservatori e non partecipiamo più. (…) La mia speranza è che il lavoro apra delle porte allo spettatore creando una relazione reciproca (…)”.