Gabriele Basilico

Gabriele Basilico

18/03/1996 - 23/04/1996

room B, entrance from room A

Veduta parziale mostra di Gabriele Basilico, Studio Guenzani, 1996

GABRIELE BASILICO

E’ con Milano, ritratti di fabbriche, un’estesa ricerca personale sull’area industriale milanese condotta dal 1978 al 1980 e pubblicata nel 1983, che inizia per Gabriele Basilico un approfondito, continuo rapporto con i temi dell’architettura e del paesaggio milanese.

Una ricerca che si è sviluppata nell’arco degli anni fino a tracciare un ritratto dell’intera città, quartiere dopo quartiere, ripercorrendo le tappe del suo sviluppo urbano e industriale.

 

Alla frammentarietà dell’immagine fotografica Gabriele Basilico contrappone il metodo della catalogazione dei luoghi: ciascuno sguardo, ciascuna inquadratura, si sommano come tessere di un mosaico in una visione complessiva, ad ampio raggio.

“La mia esperienza milanese legata ai ‘ritratti di fabbriche ‘ è stata una proiezione esasperata verso l’infinito. Certo, l’infinito lo puoi raccontare anche lavorando su un piccolo pezzo di realtà; io però ho sempre pensato che l’infinito vada raccontato sommando vari finiti: è una forma ideale che deriva forse anche da certe visioni dell’architettura, una forma che tenta di possedere il territorio, comprenderne la totalità. Il mio lavoro su Milano aveva questa connotazione, questo bisogno di completezza: raccontare tutta la città.”.

 

Dopo aver ripercorso la storia della Milano industriale, l’indagine di Basilico si è orientata dalla metà del 1995 verso una riscoperta dei luoghi della città, per approfondire gli aspetti irrisolti del suo tessuto urbano.   Milano, lavori in corso è il segmento iniziale di un nuovo progetto, un lungo lavoro in divenire che Basilico sta dedicando alla propria città, impegnata in questo decennio in una trasformazione tormentata da vicende urbanistiche e di architettura mediocremente risolte o rimandate, e il cui futuro si profila avvolto nell’incertezza.

 

I motivi che lo spingono a riconfrontarsi con Milano sono duplici: da un lato una spinta emozionale di natura affettiva, come è forse naturale avere per i luoghi dell’appartenenza, dall’altro la pratica dell’esplorazione urbana, dove la fotografia diventa strumento fidato di ricomposizione di uno spazio alterato. Ma anche accettazione di uno spazio neutrale, adozione di un momento di tregua per poter riosservare la città e la sua forma, oggetto di stratificazioni dimenticate e di nuove emergenze, come tentativo di riprogettazione visiva.

 

La fotografia di Gabriele Basilico, con il suo rigore tecnico e metodologico, si inscrive nel quadro del grande documentarismo che, nella storia della fotografia, trae origine dalle esperienze della storica Mission Hèliographique di metà Ottocento, trova esempi fondamentali nell’opera di Eugene Atget prima e di Walker Evans poi, per giungere ai giorni nostri con i contributi di molti nomi della fotografia italiana, europea e statunitense contemporanea.

Press release